Guido Scorza su L'Espresso" Questo è il bavaglio: vi piace?"

Il testo della legge articolo per articolo, spiegato e commentato da un giurista. Per capire cosa ci aspetta


Il cosiddetto disegno di legge sulla intercettazioni o, meglio, anti-intercettazioni posto che l'obiettivo dichiarato è quello di circoscrivere quanto più possibile l'utilizzo di tale strumento investigativo e la pubblicazione dei contenuti acquisiti attraverso le intercettazioni consiste, in buona sostanza, in una serie di modifiche agli attuali codici penale e di procedura penale, cui vanno ad aggiungersi talune nuove previsioni che hanno lo scopo di sanzionare i comportamenti contrari al nuovo regime di utilizzabilità e di pubblicità delle intercettazioni medesime da parte dei capi dei uffici giudiziari, dei magistrati, dei giornalisti e degli editori.

A prescindere da qualsivoglia considerazione circa l'opportunità e necessità degli interventi normativi di recente approvati dal Senato, appare importante sottolineare che l'analisi complessiva delle disposizioni contenute nel disegno di legge non consente di condividere l'idea secondo la quale lo scopo perseguito attraverso lo stesso sarebbe effettivamente rappresentato dall'esigenza di garantire maggiore privacy ai cittadini.

Si tratta, d'altro canto, di un obiettivo assai poco credibile in un Paese nel quale si deve lasciare la carta d'identità e la traccia di tutti i propri percorsi di navigazione online ogni volta che si accede ad internet attraverso una postazione wifi pubblica, in un Paese nel quale, ormai, le città pullulano di dispositivi di videosorveglianza che le rendono realtà di orwelliana memoria e in un Paese nel quale il Ministro dell'interno propone di fare una radiografia ad ogni cittadino onesto che salga su un treno nell'illusoria speranza di scongiurare così atti terroristici.

E' curiosa - a leggere tra le righe del disegno di legge anti-intercettazioni - la visione della privacy che il Governo rappresenta: diritto assoluto e inviolabile se si tratta di limitare le intercettazioni di qualche migliaio di cittadini (i numeri generalmente utilizzati per sovradimensionare il fenomeno sono quelli delle utenze messe sotto controllo ma ogni soggetto intercettato dispone di numerose utenze da verificare) e diritto chiamato a cedere il passo ad altre esigenze di sicurezza e repressione dei reati, se si tratta della privacy di milioni di cittadini.

Art. 1. 1. All'articolo 36, comma 1, del codice di procedura penale, dopo la lettera h) è aggiunta la seguente: "h-bis) se ha pubblicamente rilasciato dichiarazioni concernenti il procedimento affidatogli".

La previsione mira ad imporre al Giudice un dovere di astenersi, ovvero dichiarare la propria impossibilità ad occuparsi del procedimento affidatogli, qualora nel corso dello stesso abbia rilasciato pubblicamente dichiarazioni sul medesimo.

L'indipendenza, l'autonomia di giudizio e la necessaria terzietà di ogni magistrato rispetto al procedimento che è chiamato ad affrontare costituiscono irrinunciabili garanzie che trovano le loro radici direttamente nel principio del "giusto processo" costituzionalmente garantito ad ogni cittadino.

E', dunque, giusto ed auspicabile - tanto da non dover forse richiedere neppure che una disposizione di legge lo preveda espressamente - che il giudice si astenga dal rappresentare in pubblico proprie idee, convincimenti o orientamenti in relazione ad ogni procedimento affidatogli.

La previsione, tuttavia, è formulata in modo tanto ampio e generico da lasciar ritenere sufficiente che il magistrato dichiari di essere assegnatario di un determinato procedimento o, piuttosto, rilasci una qualsiasi dichiarazione su fatti connessi al procedimento stesso, anche se già noti e non implicanti alcuna rivelazione rispetto alla propria posizione, perché sia costretto ad astenersi dal continuare a conoscere del procedimento medesimo.

La pericolosità dell'intervento proposto è legata all'elevato rischio che le dichiarazioni rese da un magistrato in relazione ad un procedimento a lui affidato possano essere strumentalizzate da indagati ed imputati per delegittimare il loro "giudice naturale".
2. All'articolo 53 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 2, nel primo periodo, dopo le parole: "lettere a), b), d), e)" sono inserite le seguenti: "e h-bis), nonché se risulta iscritto nel registro di cui all'articolo 335 per il reato previsto dall'articolo 379-bis del codice penale, in relazione al procedimento assegnatogli, sentito in tale caso il capo dell'ufficio competente ai sensi dell'articolo 11, al fine di valutare la effettiva sussistenza di ragioni oggettive per provvedere alla sostituzione";

b) al comma 2, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Il procuratore generale procede allo stesso modo se il capo dell'ufficio e il magistrato assegnatario risultano indagati per il reato previsto dall'articolo 379-bis del codice penale, ovvero hanno rilasciato dichiarazioni pubbliche in merito al procedimento.";

c) dopo il comma 2 è inserito il seguente:

"2-bis. Di ogni iscrizione di magistrati nel registro di cui all'articolo 335 per il reato previsto dall'articolo 379-bis del codice penale, il procuratore della Repubblica informa immediatamente il capo dell'ufficio presso cui il magistrato indagato presta servizio ovvero il procuratore generale nell'ipotesi che indagati risultino il capo dell'ufficio e il magistrato assegnatario".


L'art. 53 del Codice di procedura penale sul quale la disposizione interviene, prevede una serie di ipotesi in presenza delle quali, il capo dell'ufficio giudiziario presso il quale si celebra un determinato procedimento deve provvedere a sostituire il pubblico ministero in ossequio al principio di autonomia del P.M..

La previsione contenuta nel DDL amplia il novero di tali ipotesi.

In forza della nuova norma, infatti, il capo dell'ufficio dovrà procedere alla sostituzione del PM anche ogni qualvolta questi abbia reso dichiarazioni sul procedimento affidatogli o, piuttosto, il suo nome sia finito iscritto sul registro delle notizie di reato per aver - anche solo in ipotesi - violato un segreto attinente agli atti del procedimento.

Facile immaginare a quali e quante strumentalizzazioni la norma possa prestarsi e quanto facile possa essere, attraverso essa, ottenere la rimozione di un pm "scomodo" dal banco dell'accusa.

Curioso che, in relazione a tale ipotesi, la filosofia estremamente "garantista" che ha sin qui ispirato l'azione legislativa e politica della maggioranza, ceda il passo ad una norma che giustifica la rimozione di un PM dal suo scranno solo perché qualcuno ha fatto una soffiata ad altro PM, accusandolo di aver violato un segreto d'ufficio.

0 commenti:

Posta un commento