"Ricordati di tenere sempre la schiena dritta"


Cerco di ricordarmene tutti i giorni e spero sempre di riuscirci anche se tendo a monitorarmi con molta severità e ho sempre il timore di non esserne all'altezza.

SCHIENA DRITTA. È la dignità, sempre. Il dovere di esprimere la propria opinione. Ma anche di averne sempre una, su tutto quello che accade, dal più importante fatto generale al più piccolo episodio personale. È l'obbligo di decodificare tutto quello che arriva, senza lasciarsi "imbambolare". Di mettersi in discussione: sempre.



Me lo ripetevo oggi come un mantra: "schiena dritta, schiena dritta".
Dopo che il mio capo e amico mi ha riferito l'ennesimo colloquio, di un paio di politici e faccendieri da paese, in cui gli veniva fatta vaga pressione con frasi smangiucchiate e omertose contenenti dei "...e ma Davide con le cose che scrive nel blog", "e quel che ha scritto nel forum là...", "quello che ha detto all'incontro sulla Gelmini", mischiando poi il personale, il politico, il professionale in un unico minestrone insapore. Con l'obiettivo che mi venisse fatta pressione, nella loro logica addirittura che mi si imponesse di "smettere" in quanto sottoposto da riportare all'ordine, cioè al silenzio.
Ma il mio capo mi conosce da tanti anni e troppo bene. Abbiamo troppo rispetto per le reciproche e profonde concezioni di libertà, per pensare anche solo lontanamente di fare una cosa del genere. Abbiamo provato a scherzarci su e gli auguro di cuore di esserci riuscito meglio di me.

SCHIENA DRITTA! Ho esclamato, per fortuna, quando ho letto il bellissimo post di Alessandro Giglioli su Piovono Rane di oggi, a commento dell'ennesima tristissima uscita di Giovanardi. Gli ho preso in prestito le parole e le ho volute far mie tutto il giorno, per dare la giusta cornice al racconto del mio capo, che mi vedeva coinvolto. Tagliando per riportare la parte più interessante, comprese un paio di congiunzioni per ricucire e rendere leggibile il testo senza alterarlo dice:
L’onestà intellettuale è quella cosa che ti consente di sapere che il mondo è un posto complicato, e non sempre quel che vi accade corrisponde all’idea che tu, del mondo, ti sei fatto. L’ideologia invece è il suo opposto, vale a dire il tentativo infantile di spiegare sempre tutto sulla base dei tuoi convincimenti pregressi.
Spesso ci si mette un po’ a uscire dall’ideologia: servono un po’ di anni di vita, qualche lettura e un paio di scontri frontali con il reale.
Diciamo che se tutto va bene, il processo inizia dopo l’adolescenza e si definisce negli anni successivi.
Ma a volte non se ne esce mai. (...) (a dimostrazione, ndr) che l’età anagrafica da sola non basta (perché, ndr) (...) si può passare dall’adolescenza alla vecchiaia senza incrociare la maturità.
Ho ripassato a mente i tanti interventi su blog miei e di altri, forum, portali, interviste, lettere ai giornali e incontri pubblici. Di aver tenuto sempre la "schiena dritta" è una speranza più che una certezza. Ma del rispetto per gli altri, dell'educazione e del rispetto credo proprio di poter essere sicuro. Soprattutto ci ho sempre messo la faccia, scandendo nome e cognome, senza giochetti e sotterfugi.
Schiena dritta allora è ancora il mio piccolissimo e incostante blog che, se è stato sorprendentemente citato e quindi letto dai minuscoli "potentini" locali, allora un po' di minuscolo fastidio lo da.
Non pensavo sapessero che esistesse ma forse li ho sottovalutati. Pochi sono i commenti e soprattutto mai da parte "loro". Però effettivamente il numero delle visite che mi restituisce Google Analytics è superiore alle mie previsioni e aspettative.

In questo momento non mi sento rappresentato da un partito o un movimento politico preciso, ma non ne faccio populisticamente un vanto.
Eppure chi mi addita come nemico sembra avere su di me idee molto più precise di quanto ne abbia io.
Sarei uno dei tanti da esporre alla berlina come "comunista", non secondo il suo vero significato di marxista-leninista, di uno cioè che aspira al comunismo o al socialismo reale. Ma nel nuovo senso che viene dato al termine.
Chi mi conosce infatti alzerebbe almeno un sopracciglio perplesso provandomi a immaginare marxista ortodosso.
Con "comunista" intendono rappresentare con disappunto e fastidio quelli che si ostinano a muoversi con arbitrio. Peggio: con libero arbitrio, con perplessità di fronte ai "perché è così", quelli che non accettano le sparate, le facilonerie. Per non parlare di quelli che chiedono regole o addirittura meritocrazia vera.
Prendendo in prestito una frase pronunciata proprio sabato scorso dall'amico Luciano di Bardi:
"Se fai del bene ai poveri sei una brava persona, ma se ti chiedi perché son poveri ti danno subito del comunista".
Luciano che apparentemente proviene da un mondo molto diverso e lontano dal mio. Eppure nel senso delle istituzioni e del profondo rispetto delle regole democratiche lo sento vicinissimo. Ovviamente anche lui, democristiano di destra e di lunghissima data, viene additato come "comunista". Come tanti amici ecologisti, laici, radicali, repubblicani alla romagnola, liberali veri e socialdemocratici convinti.
C'è spazio solo per le sparate e le soluzioni facili. Dal macro al micro. Dallo Stato alla gestione dell'ultimo problema di una sottofrazione di un paesino di montagna.
Come ci spiega Giglioli c'è spazio solo per l'immaturità politica, sociale e culturale.
Pericolosa perché contigua all'irresponsabilità militante.
Senza nessun confine visibile.
Allora forse spero anch'io di essere definito "comunista" secondo i criteri del "nuovo senso comune".
Spero, come direbbe Gaber, di essere in grado di rompere i coglioni davvero a qualcuno. Spero davvero di dare fastidio a chi non è in grado di confrontarsi perché animato solo dalla frustrazione dei complessati che hanno fatto mucchio per sostenersi solo per interesse ma con prepotenza estrema.
Perché non so, come dicevo, quale partito o movimento mi rappresenti, ma so molto precisamente quali non mi rappresentano per niente, distanti anni luce perché sfascisti ancora prima che fascisti. Piegati ai bisogni di un capo taumaturgico, guida spirituale e "conductor", poco importa se "conduce" rigorosamente a occuparsi dei soli cazzi suoi. L'importante è che bastoni "gli altri", i nemici. Quelli che a scuola erano i primi della classe, sempre un passo un più. Un po' saccenti e apparentemente arroganti.
Maturi dicevano gli insegnati e più maturi si sentivano, ma per le terze file erano solo pedanti perché non accettavano la goliardia e il disimpegno, le frasi fatte e le apparenze. Si ostinavano a non piegarsi alla semplice legge della prepotenza. Soprattutto a quella del gregge.
Quegli stronzi... dalla schiena dritta.

Come mio nonno paterno, quello comunista per davvero, forse inevitabilmente stalinista e con un curriculum da costante lottatore veramente fitto e sorprendente. Ma non ho avuto modo di conoscerlo bene perché se ne è andato quando ero troppo piccolo. Rimangono i molti racconti di mia nonna e i pochi di mio padre, che sicuramente mi hanno sempre colpito molto. La fierezza, le botte prese alla cooperativa di consumo incendiata e la fuga di notte su un carro merci, la cassa comune nascosta sottoterra nel vallo delle mura di Piacenza, la Francia, il rientro, viaggi e peripezie che non sono mai riuscito a ricostruire bene perché, mea culpa, mi ci son messo troppo tardi quando ormai mia nonna non andava più d'accordo con la sua famosa memoria. Le armi trafugate all'Arsenale per la Resistenza.
E poi dopo la guerra la beffa. Licenziato dallo stesso Arsenale Militare perché non ha restituito la tessera del PCI, assieme ad altri 3.000 in tutta Italia. Perché ha tenuto la schiena dritta.
Anche mia nonna è scomparsa da poco e miei hanno svuotato la sua casa. Hanno trovato una copia della Costituzione avvolta in un panno e poi in un cellophane, una stampa dei primi mesi del 1948. Tenuta come una reliquia. Frutto per lui di tante angherie subite e di tanti sacrifici. E poi una tessera del PCI, conservata con la stessa cura, con una falce e martello che a me non fa venire la paura infantile che secondo le nuove regole dovrebbe. Perché nella mia memoria è legata a una persona che ha messo in gioco tutta la sua vita, per un'idea profonda di libertà e di emancipazione che è rappresentata benissimo da quella Costituzione che gli era accanto nello stesso cassetto.
Sul retro di quella tessera, nell'elenco dei doveri del militante (doveri, solo doveri!), oltre a quello di essere "sempre franco con i compagni e con il partito", di "esprimere sempre le proprie opinioni" ce n'è una  che apre una serie di spunti che non basterebbe un solo post per approfondirli: "essere un cittadino esemplare". Un manifesto alla schiena dritta.
Guardo tessera e Costituzione religiosamente vicine e riesco a perdonargli e a capirne gli errori di schieramento, quando immagino mio nonno probabilmente stalinista, per ingenuità, ineluttabilità e anche per ignoranza, per reazione a una contropropaganda spesso ancora più aberrante di quella filosovietica.
E mi tengo con orgoglio l'insegnamento di vita fatto di dignità, coraggio e tenacia.

SCHIENA DRITTA è per me quasi una fissazione, perché era il monito che mi ripeteva sempre l'altro nonno, quello socialista per davvero, il padre di mia madre. Non tanto diverso dall'altro. Hanno fatto anche tanta politica insieme, abitando addirittura nello stesso condominio, nel Fronte Popolare del primo dopoguerra.
Lui sì che mi ha formato davvero profondamente.
L'ex Assessore che non aveva assegnato la casa popolare alla sua poverissima e numerosa famiglia, nonostante i solai sfondati da una bomba inesplosa. Perché non si può assegnare un bene pubblico a se stessi.
Il socialista lombardiano che nell'82 mi ha portato in Piazza Cavalli tre ore prima che arrivasse il Presidente Pertini, per essere sicuro di essere in prima fila. E che ha pianto da quando è salito sul palco fino a quando è sceso. Che mi ha trasmesso il virus della Resistenza, rendendomi immune dalle equidistanze (auto-assolutorie) da osteria. Che nell'84 mi ha fatto capire il suo dispiacere per la morte di Berlinguer (segretario di un altro partito), portandomi oltre l'ideologia ben prima del tempo che anche Giglioli accetterebbe (la fine dell'adolescenza) perché avevo solo 12 anni.
Il solito monito era a volte accompagnato anche da una divertente battuta "ortopedica", con evidenti riferimenti a religione e potere: "Attento che è difficile mantenere la schiena dritta se si sta troppo in ginocchio o seduti su poltrone troppo morbide" per poi aggiungere "ma se qualcuno ci riesce da quelle posizioni va guardato con attenzione e rispetto, perché è ancora più faticoso".
Ovviamente tutto nel suo dialetto piacentino gossolenghese.
Se ne è andato per sua fortuna prima di vedere il PSI suicidarsi di craxismo (capito? Mani Pulite è stata la conseguenza, non l'origine della fine del socialismo italiano!).

Ripenso agli stimoli ineludibili a tenere sempre questa benedetta schiena dritta.
E penso sia alla gravità di questo particolare clima italiano, sia ai tanti segnali allarmanti da golpe latente.
Comprese le "enormi piccolezze" delle storie di paese simili a quella che mi è capitata in questi giorni, che sono sicuro accadano identiche se non peggiori nella fitta ragnatela di tutti i micromondi italiani.
Penso e confronto queste cose con quel mio '900 ereditato per familiarità che mi spinge a tenere sempre la schiena dritta e mi sale un pensiero, almeno per una volta, sopra le righe.

Uno sfogo.

Baciatemi il culo allora, proprio voi che credete nella genetica e nelle razze supreme e vi piace pensare di farne parte.
Perché secondo le vostre teorie aberranti allora io mi porterei addosso il gene della libertà, quella che è arrivata di conseguenza anche a voi che, non solo non sapete cosa farvene, ma vorreste usarla come una clava da dare in testa agli altri.
Addosso a tutti quelli che, ponendovi interrogativi a cui non sapete rispondere, vi tirano fuori tutti i vostri complessi di inferiorità e quindi tutta la violenta frustrazione che vomitate su tutto quello che vi circonda. Senza sosta.

E ora mi cerco su YouTube un qualsiasi video di Sandro Pertini, la sintesi perfetta di tutto quello che mi è stato trasmesso.
Una profonda emozione, sempre.
Mentre lo ascolto penso a quali sono invece i vostri punti di riferimento e... vi cago in testa.


Pubblicato anche nello spazio OPINIONI del sito PIACENZANIGHT.COM




2 commenti:

Ugo Locatelli | 10 novembre 2009 alle ore 16:57

Caro Davide, leggendoti m’è tornato in mente questo appunto ‘sul concetto di
libertà’: lo invio con un abbraccio

: parola identica al singolare e al plurale: anteriore al suo essere
nominata: luogo sensibile, connesso: sorgente: sinonimo di apertura, di
partecipazione: pensiero che produce pensiero: ecologia dell’essere:
sentiero che si forma nel cammino: che può disperdersi: che porta in sé le
tracce del suo sviluppo precedente e futuro: che può fare emergere mondi e
trovare ciò che non si sta cercando: che può generare miracoli minimi,
occasioni di senso: condurre se stessi fuori da se stessi: possibilità di
non conformarsi: di spostare le pietre di confine: di non scambiare il bordo
del solco in cui ci si trova con l’orizzonte: di chiedersi Chi è libero? Da
chi? Da cosa? Come? Quando? Quanto? Dove? Perché?: di avere pochi bagagli
('impedimenta' per i latini): di esplorare il mondo 'areale': di non
de-siderare (letteralmente: cessare di contemplare le stelle): di espandere
la coscienza critica: di scorgere il calco dell’acqua che scorre: di
ri-conoscere l’altro: di lasciare liberi: di vedere, come diceva H. von
Foerster, nella foresta dei vincoli gli alberi delle scelte: libertà dal
possesso illusorio: dal marketing avanzato che mira alle “quote della
mente”: dalla tentazione di considerare “io” un diminutivo di “dio”:

Unknown | 10 novembre 2009 alle ore 17:17

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