Riflessione per “Libertà” di Ugo Locatelli*

Riporto questo intervento dell'amico Ugo, pubblicato sul quotidiano di Piacenza il 20.4.2011.

Scrivere qualcosa su questo periodo sempre più oscuro per il nostro Paese, un piccolo contributo per la Società Civile? Il virus del disimpegno ha subito cercato di ostacolarmi, bisbigliando "Tanto non serve a niente".
Allora ho ripensato alla nostra Costituzione - nata dalla Resistenza - gravemente minacciata; all'anniversario della Resistenza; al "Parco Fratelli Locatelli" che la città di Bergamo ha dedicato a mio padre - il comandante partigiano Rino - e ai miei zii Albino e Giuseppe, caduti combattendo i nazifascisti. Sono temi densi, scriverne brevemente è limitativo. Non dire nulla lo è di più.
L'intenzione di queste righe è fornire al lettore, soprattutto ai dubbiosi, spunti per non “esonerarsi” dal riflettere.

Mi viene in aiuto uno scritto, di cui per brevità riporto solo alcuni passaggi:
"[...] Un popolo che tollera i delitti del suo capo, si fa complice di questi delitti. Se poi li favorisce e applaude, peggio che complice, si fa mandante di questi delitti. [...] Il popolo italiano è tale da dare i suoi voti piuttosto al forte che al giusto; e se lo si fa scegliere fra il tornaconto e il dovere, anche conoscendo quale sarebbe il suo dovere, esso sceglie il suo tornaconto. [...] Uomo mediocre, grossolano, fuori dalla cultura, di eloquenza alquanto volgare, ma di facile effetto, era ed è un perfetto esemplare e specchio del popolo italiano contemporaneo. Presso un popolo onesto e libero, sarebbe stato tutt'al più il leader di un partito con un modesto seguito e l’autore non troppo brillante di articoli verbosi sul giornale del suo partito. Sarebbe rimasto un personaggio provinciale, un po’ ridicolo a causa delle sue maniere e atteggiamenti, e offensivo per il buon gusto della gente educata a causa del suo stile enfatico, impudico e goffo. [...] Lo abbaglia il prestigio di certe parole: Storia, Chiesa, Famiglia, Popolo, Patria ecc., ma ignora la sostanza delle cose; pur ignorandole le disprezza o non le cura, in fondo, per egoismo e grossolanità. Superficiale. Dà più valore alla mimica dei sentimenti, anche se falsa, che ai sentimenti stessi. Mimo abile, e tale da far effetto su un pubblico volgare. Disprezzando (e talvolta temendo) gli onesti, i sinceri, gli intelligenti poiché costoro non gli servono a nulla, li deride, li mette al bando. Si circonda di disonesti, di bugiardi, di inetti. Come ogni abile mimo, non ha un carattere ben definito, e s’immagina di essere il personaggio che vuole rappresentare".

La versione completa sta circolando in rete in questi giorni: scritto da Elsa Morante nel 1945 su Mussolini (Pagina di diario, pubblicata su Paragone Letteratura, n. 456, febbraio 1988, poi in Opere - Meridiani, Milano 1988, vol. I) è di un'attualità impressionante. Con l'aggravante che lo stato di salute mentale del Nostro - come già segnalato tempo fa dalla moglie - è problematico.
Ormai quasi ogni giorno i suoi comportamenti sono caratterizzati dal "delirio di grandezza" (pone il protagonista al centro di un destino grandioso), dal "delirio di interpretazione" (risponde al bisogno di spiegare tutto conformemente a un sistema di significati privati) e dal "delirio di persecuzione" (tipico di chi si convince dell'esistenza di uno o più complotti ai suoi danni).
Con lui "la realtà sfuma in irrealtà e viceversa. Un mondo frammentato, e nel frammento vivi bene perchè non vedi il tutto, non connetti i fatti fra loro, sicché li scordi presto" (Barbara Spinelli, 6.4.2011).
Con i suoi figuranti, veri "berlus-cloni", continua a recitare copioni preconfezionati, a danno continuo di un Paese trasformato in un set.

Se provassimo a riflettere a fondo sulla Storia e sul presente e a discuterne, prima che sia troppo tardi?
Perchè chi non sa ricordare è costretto a ripetere il passato.


* Artista-ricercatore

0 commenti:

Posta un commento