Ag vòl un bèl curagg
Pubblicata opinione su PIACENZANIGHT.COM (clicca qui)Scajola che chiede le dimissioni di Amato per gli incidenti seguiti alla morte del tifoso laziale. Ma non era lui il Ministro dell'Interno per il G8 di Genova 2001?
Deve averne veramente tanto di coraggio Scajola.
Inteso ovviamente con l'ironia inversa tipica del dialetto piacentino, in cui si indica più che altro una faccia da... di bronzo.
E non riesco a capire come nessuno dei nostri splendidi mezzi di "distrazione di massa" non abbia pensato, anche solo per un attimo, alla morte di Carlo Giuliani e ai fatti di Genova 2001, oltre che alla recentissima misteriosa e selvaggia morte "per soffocamento" di Federico Aldrovandi a Ferrara nel settembre 2005 da parte di quattro agenti della squadra mobile. Eppure sono passate solo due settimane dallo scivolone della maggioranza sulla Commissione di Inchiesta sui fatti di Genova e quindi l'attenzione dovrebbe essere ancora molto alta.
Quanto successo domenica al giovane tifoso laziale infatti c'entra poco o nulla con il calcio e ha a che fare molto di più con la cronaca; soprattutto con la cinica consuetudine maturata dagli italiani per quegli oltre "150 morti ammazzati dalle forze dell'ordine senza motivo" dal dopoguerra a oggi, con la seguente solita italica rassegnazione motivata dal fatto che nessun "servitore dello stato" è mai stato condannato. Ripeto: oltre 150 persone uccise e MAI una condanna. Solo 8 rinvii a giudizio in 62 anni finiti in veloci assoluzioni per insufficienza di prove.
La versione più verosimile dei fatti di Arezzo è a oggi quella data dagli agenti quando parlano di un parapiglia con relative urla del benzinaio mal interpretate come una rapina. Quel che non si spiega è, di fronte a qualsiasi interpretazione possibile, la scelta dell'agente di sparare ad altezza d'uomo attraverso tutte le corsie dell'autostrada con altri veicoli in transito per fermare un'azione che stava avvenendo a 50 metri di distanza almeno; fra l'altro le testimonianze sembrano concordare sul gesto volontario di uno sparo a mani giunte e braccia tese.
E in questi giorni i telegiornali e i quotidiani sono pieni zeppi di idiozie dette da chiunque. Facendo un doveroso omaggio a Enzo Biagi mi permetto di citare il suo aforisma "Dopo tre apparizioni in video, qualunque coglione che viene intervistato dice la sua e anche quella degli altri", ma non riesco comunque a giustificare il livello raggiunto e soprattutto la totale, non improvvisa, scomparsa del mestiere di giornalista dal suolo nazionale.
Ma per tornare al titolo e all'occhiello ce ne sono alcuni che sono degni di merito più di altri. Ero quasi indeciso se assegnare almeno un piccolo premio per il "curagg" anche a La Russa e a Storace, quasi commoventi nell'esprimere solidarietà alle forze dell'ordine, costretti per ragioni di ovvia opportunità a prendere le distanze dagli ultras. Inutile approfondire qui il legame, non proprio casuale, tra il 99 per cento delle curve e i partiti dell'estrema destra; a Piacenza direi che ne sappiamo qualcosa.
Ma il mio campione è CLAUDIO SCAJOLA, EX MINISTRO DELL'INTERNO del precedente governo Berlusconi, prima di dimettersi non per il colpevole disastro colossale nella gestione dell'ordine pubblico in occasione del G8 di Genova, ma per l'infelice frase su Marco Biagi ("Era un rompicoglioni" con la successiva conferma di Berlusconi "Quella di Scajola non era una frase campata in aria", detta in un comizio a Udine nel 2003, con grande "distrazione" della stampa anche in quel caso).
I giorni del luglio 2001 in cui Scajola sembrò trasformare l'Italia nel Cile di Pinochet sono per me una delle tante e profonde cicatrici, di una pluriennale gestione dell'ordine pubblica, ma di cui forse Genova è uno degli indiscutibili apici. Situazione, la nostra, che non ha pari in quasi nessun paese occidentale: nei rapporti di Amnesty gareggiamo a pari merito solo con gli Stati Uniti che però, per riuscire a sospendere i diritti civili, si sono dovuti inventare un clima di "emergenza temporanea" e una serie di leggi apposite raccolte nel Patriot Act.
Un funzionario di polizia ha definito nel processo in corso "clima da macelleria messicana" quanto è accaduto. Oltre ad allargare il cerchio sull'enorme difficoltà nei tentativi di democratizzazione delle forze dell'ordine, considerato che per anni le assunzioni sono sempre state rigorosamente politicizzate e in una sola direzione.
Potrei dilungarmi su tutti i dettagli di Genova, approfondendo con notevole documentazione quanto accaduto alla Scuola Diaz, sulle vere e proprie torture della caserma di Bolzaneto, sul tentativo di distruzione di ogni prova con l'irruzione al media-center della Scuola Pascoli, sui pestaggi indiscriminati di qualsiasi tipo di manifestante, dal no global al pensionato della CGIL, a organizzazioni; con rigorosa attenzione a non caricare ne' arrestare mai in nessun modo i fantomatici "black-block", troppo comodi come pretesto per poterli "sprecare".
Inutile nascondere che ai livelli più bassi tra i poliziotti e i carabinieri era scattato semplicemente il via a un liberatorio "dagliele al rosso". Ma cosa ha fatto scattare la sensazione che ci fosse per tutti una copertura politica al concetto che era il semplice fatto di manifestare la cosa da reprimere su tutti i fronti?
E cosa ci facevano tre deputati di AN, senza nessun incarico di governo, nella sala operativa dei carabinieri di Genova? E' la famosa "gestione politica dell'ordine pubblico" di cui parlava anche ieri sera Alemanno a Ballarò? Davvero l'ordine pubblico va gestito politicamente, come con identica pretesa ha sempre pensato Forza Italia della Magistratura?
Ma vi ricordate l'atteggiamento reticente e arrogante del precedente governo dopo Genova?
Pur non provando nessuna simpatia per Amato in questi giorni sembrava almeno di sentir parlare il ministro di un paese civile, con discorsi pacati sull'accertamento della verità per i fatti dell'autogrill di Arezzo (e non un'aprioristica difesa d'ufficio delle forze dell'ordine fino a coprire gli errori della catena di comando e del singolo come avvenne per la morte Carlo Giuliani) oltre che alla separata valutazione della pseudo-reazione del mondo ultras nella giornata di domenica.
Non il rifiuto di qualsiasi approfondimento o inchiesta.
Possiamo discutere se era il caso o meno di far giocare le partite di domenica, tenendo presente fra l'altro che gli scontri e le devastazioni sono avvenuti proprio nelle città delle partite sospese, ma dalla gestione attuale a quella di Scajola per Genova 2001 c'è una differenza abissale. Per riprendere proprio le dichiarazioni di Scajola c'è una "differente interpretazione" e non dei fatti come voleva provare a sostenere lui ma dell'idea stessa che la trasparenza sia alla base di una paese democratico, che la giustizia debba almeno provare a essere uguale per tutti.
Chiedere le dimissioni del ministro poi... Scajola e la sua "fasia àd tòla" proprio no. Stavolta dovrebbe avere la decenza di tacere.
Inteso ovviamente con l'ironia inversa tipica del dialetto piacentino, in cui si indica più che altro una faccia da... di bronzo.
E non riesco a capire come nessuno dei nostri splendidi mezzi di "distrazione di massa" non abbia pensato, anche solo per un attimo, alla morte di Carlo Giuliani e ai fatti di Genova 2001, oltre che alla recentissima misteriosa e selvaggia morte "per soffocamento" di Federico Aldrovandi a Ferrara nel settembre 2005 da parte di quattro agenti della squadra mobile. Eppure sono passate solo due settimane dallo scivolone della maggioranza sulla Commissione di Inchiesta sui fatti di Genova e quindi l'attenzione dovrebbe essere ancora molto alta.
Quanto successo domenica al giovane tifoso laziale infatti c'entra poco o nulla con il calcio e ha a che fare molto di più con la cronaca; soprattutto con la cinica consuetudine maturata dagli italiani per quegli oltre "150 morti ammazzati dalle forze dell'ordine senza motivo" dal dopoguerra a oggi, con la seguente solita italica rassegnazione motivata dal fatto che nessun "servitore dello stato" è mai stato condannato. Ripeto: oltre 150 persone uccise e MAI una condanna. Solo 8 rinvii a giudizio in 62 anni finiti in veloci assoluzioni per insufficienza di prove.
La versione più verosimile dei fatti di Arezzo è a oggi quella data dagli agenti quando parlano di un parapiglia con relative urla del benzinaio mal interpretate come una rapina. Quel che non si spiega è, di fronte a qualsiasi interpretazione possibile, la scelta dell'agente di sparare ad altezza d'uomo attraverso tutte le corsie dell'autostrada con altri veicoli in transito per fermare un'azione che stava avvenendo a 50 metri di distanza almeno; fra l'altro le testimonianze sembrano concordare sul gesto volontario di uno sparo a mani giunte e braccia tese.
E in questi giorni i telegiornali e i quotidiani sono pieni zeppi di idiozie dette da chiunque. Facendo un doveroso omaggio a Enzo Biagi mi permetto di citare il suo aforisma "Dopo tre apparizioni in video, qualunque coglione che viene intervistato dice la sua e anche quella degli altri", ma non riesco comunque a giustificare il livello raggiunto e soprattutto la totale, non improvvisa, scomparsa del mestiere di giornalista dal suolo nazionale.
Ma per tornare al titolo e all'occhiello ce ne sono alcuni che sono degni di merito più di altri. Ero quasi indeciso se assegnare almeno un piccolo premio per il "curagg" anche a La Russa e a Storace, quasi commoventi nell'esprimere solidarietà alle forze dell'ordine, costretti per ragioni di ovvia opportunità a prendere le distanze dagli ultras. Inutile approfondire qui il legame, non proprio casuale, tra il 99 per cento delle curve e i partiti dell'estrema destra; a Piacenza direi che ne sappiamo qualcosa.
Ma il mio campione è CLAUDIO SCAJOLA, EX MINISTRO DELL'INTERNO del precedente governo Berlusconi, prima di dimettersi non per il colpevole disastro colossale nella gestione dell'ordine pubblico in occasione del G8 di Genova, ma per l'infelice frase su Marco Biagi ("Era un rompicoglioni" con la successiva conferma di Berlusconi "Quella di Scajola non era una frase campata in aria", detta in un comizio a Udine nel 2003, con grande "distrazione" della stampa anche in quel caso).
I giorni del luglio 2001 in cui Scajola sembrò trasformare l'Italia nel Cile di Pinochet sono per me una delle tante e profonde cicatrici, di una pluriennale gestione dell'ordine pubblica, ma di cui forse Genova è uno degli indiscutibili apici. Situazione, la nostra, che non ha pari in quasi nessun paese occidentale: nei rapporti di Amnesty gareggiamo a pari merito solo con gli Stati Uniti che però, per riuscire a sospendere i diritti civili, si sono dovuti inventare un clima di "emergenza temporanea" e una serie di leggi apposite raccolte nel Patriot Act.
Un funzionario di polizia ha definito nel processo in corso "clima da macelleria messicana" quanto è accaduto. Oltre ad allargare il cerchio sull'enorme difficoltà nei tentativi di democratizzazione delle forze dell'ordine, considerato che per anni le assunzioni sono sempre state rigorosamente politicizzate e in una sola direzione.
Potrei dilungarmi su tutti i dettagli di Genova, approfondendo con notevole documentazione quanto accaduto alla Scuola Diaz, sulle vere e proprie torture della caserma di Bolzaneto, sul tentativo di distruzione di ogni prova con l'irruzione al media-center della Scuola Pascoli, sui pestaggi indiscriminati di qualsiasi tipo di manifestante, dal no global al pensionato della CGIL, a organizzazioni; con rigorosa attenzione a non caricare ne' arrestare mai in nessun modo i fantomatici "black-block", troppo comodi come pretesto per poterli "sprecare".
Inutile nascondere che ai livelli più bassi tra i poliziotti e i carabinieri era scattato semplicemente il via a un liberatorio "dagliele al rosso". Ma cosa ha fatto scattare la sensazione che ci fosse per tutti una copertura politica al concetto che era il semplice fatto di manifestare la cosa da reprimere su tutti i fronti?
E cosa ci facevano tre deputati di AN, senza nessun incarico di governo, nella sala operativa dei carabinieri di Genova? E' la famosa "gestione politica dell'ordine pubblico" di cui parlava anche ieri sera Alemanno a Ballarò? Davvero l'ordine pubblico va gestito politicamente, come con identica pretesa ha sempre pensato Forza Italia della Magistratura?
Ma vi ricordate l'atteggiamento reticente e arrogante del precedente governo dopo Genova?
Pur non provando nessuna simpatia per Amato in questi giorni sembrava almeno di sentir parlare il ministro di un paese civile, con discorsi pacati sull'accertamento della verità per i fatti dell'autogrill di Arezzo (e non un'aprioristica difesa d'ufficio delle forze dell'ordine fino a coprire gli errori della catena di comando e del singolo come avvenne per la morte Carlo Giuliani) oltre che alla separata valutazione della pseudo-reazione del mondo ultras nella giornata di domenica.
Non il rifiuto di qualsiasi approfondimento o inchiesta.
Possiamo discutere se era il caso o meno di far giocare le partite di domenica, tenendo presente fra l'altro che gli scontri e le devastazioni sono avvenuti proprio nelle città delle partite sospese, ma dalla gestione attuale a quella di Scajola per Genova 2001 c'è una differenza abissale. Per riprendere proprio le dichiarazioni di Scajola c'è una "differente interpretazione" e non dei fatti come voleva provare a sostenere lui ma dell'idea stessa che la trasparenza sia alla base di una paese democratico, che la giustizia debba almeno provare a essere uguale per tutti.
Chiedere le dimissioni del ministro poi... Scajola e la sua "fasia àd tòla" proprio no. Stavolta dovrebbe avere la decenza di tacere.
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