Da Venezia (Val Noveglia) a Città d'Umbria attraverso le creste del Barigazzo

Gilda e la vista longitudinale
delle Creste
Una lunga e bellissima passeggiata domenicale con mia moglie Silvia e ovviamente i cani.
Partenza da Venezia, un piccolo borghetto di case in pietra che si raggiunge in macchina da Noveglia in un quarto d'ora seguendo le indicazioni. Si arriva così a una delle parti più remote della vallata interna. Poco prima di Pareto e Pianelleto.

La mappa affidabile è l'ultima VAL CENO - Dal MONTE PENNA al MONTE BARIGAZZO (la si può scaricare in alta risoluzione da questa pagina oppure ritirare gratuitamente all'ufficio turistico di Bardi) che in questo caso si discosta parecchio da quella del 2001 che indica tracciati che non esistono più.






Ecco i link utili generati in automatico dal diario di Trailrunner:

Da Venezia ora riparte, a 977 metri di altitudine, un tratto del sentiero CAI 803 (25 chilometri totali, dal Castellaccio del Lama a La Maestà). Si passa in mezzo alle case e si sale a destra in un punto in cui la stradina interna del borgo si restringe e non sembrerebbe diventare sentiero, ma il segnavia bianco e rosso sull'angolo dell'ultima casa toglie ogni dubbio.
La Cresta Difficile vista dalla Cresta Facile
Il primo tratto è abbastanza impegnativo perché in 800 metri lineari si sale a 1.125 metri di altezza, attraverso un percorso in gran parte corrispondente a un rio asciutto, probabilmente attivo negli altri mesi poiché piuttosto scavato. Alla fine della salita si prosegue verso destra e si inizia un percorso stretto e con i segnavia più sbiaditi rispetto alla prima parte che costeggia il dirupo alla propria sinistra e che durerà quasi un chilometro e mezzo con leggeri saliscendi. Spostandosi ogni tanto dal sentiero e affacciandosi sul dirupo la vista è ogni volta mozzafiato. Sottoboschi puliti di faggi e querciole a cui si alternano piccoli spiazzi di vegetazione, soprattutto felci. A metà di questo tratto ci sarebbe un vecchio segno arancione che permetterebbe di scendere e tagliare oltre un chilometro, ma non avrebbe senso non arrivare alle Creste, a meno che non si pensi di passarci solo al ritorno arrivando da dietro, dalla Chiesa del Barigazzo.
Alla fine quindi il bosco si apre in una brusca discesa che permette di aprire lo sguardo sulle due famose creste del Barigazzo, che si vedono interamente con un taglio longitudinale. È lo stesso spettacolare punto di vista di una gran quantità di fotografie, compresa quella della copertina della sopracitata nuova carta escursionistica della Provincia.
Scendendo leggermente verso la sella, in corrispondenza di una boschina si svolta a sinistra prendendo il sentiero CAI 809a che con una ripida discesa incrocia dopo solo un centinaio di metri il tratto dell'809a segnato con i nuovi segnavia arancioni della Provincia e che scende dalla Chiesa di Barigazzo esattamente in mezzo tra la Cresta Difficile e la Cresta Facile, che avevamo appena visto e davanti alle quali siamo scesi. Si svolta quindi a sinistra, seguendo anche le tabelle in metallo del CAI di Fidenza che qui si incontrano per la prima volta (per chi proviene dalla Val Noveglia) e che indicano "Lago di San Giorgio - Ruderi di Città d'Umbria".
Da un'altitudine di 1.000 metri si inizia un bellissimo percorso, di fatto a ritroso rispetto a quello appena fatto ma 100 metri più in basso.
Una valletta ampia in un bosco di alberi ad alto fusto, pulitissimo, con grandi pietre squadrate ovunque.
I cartelli arrugginiti per le rovine
Leggere discese e salite per compiere un anello che porta al Lago (che però non abbiamo trovato perché abbiamo perso probabilmente il segnale che ci avrebbe portato ad abbandonare un attimo il sentiero verso la nostra sinistra, ma le tabelle in questo punto sono tutte arrugginite e quasi illeggibili, spesso nascoste dalla vegetazione). Dopo l'ipotetico lago si prosegue e dopo aver percorso un chilometro e mezzo dall'inizio dei "bolli" arancioni si arriva in prossimità della deviazione per i ruderi che stavamo cercando. Anche qui bisogna fare bene attenzione perché i segnavia si individuano a fatica, Il palo con le indicazioni arrugginite è caduto ed è stato appoggiato a un albero.
Si compie un piccolo semicerchio con una leggera salita per trovarsi al centro dei ruderi di Città d'Umbria, oggetto di studi fin dall'ottocento e della quale restano solo tracce di mura, mantenendo inalterato il mistero delle sue origini che la maggior parte degli storici indicano in un grande Castelliere Ligure del II secolo a.C. La ricerca ebbe inizio nel 1861 con l’archeologo Alessandro Wolf che identificò il sito con una serie di scavi che portarono alla luce l’intera cinta muraria dell’antica costruzione. Tra le ipotesi di altri studiosi compare quella che Città d’Umbria sia stata fondata invece nel V secolo a. C. proprio dagli Umbri che lasciarono il nome e, vista la presenza nella zona di toponimi anche di origine etrusca, quali per esempio Vei e Tosca, si presuppone che Umbri, Etruschi e Liguri si sarebbero alleati per resistere alla penetrazione dei Galli, scesi dal nord in Pianura Padana. Sul toponimo, che compare in alcune carte dello Stato dei Principi Landi, un'altra ipotesi più semplice è che "Umbria" nel dialetto locale significa "ombra", che infatti permane per gran parte dell'anno su quella parte di montagna.
Silvia al centro di Città d'Umbria
Dopo essersi aggirati tra le rovine si torna indietro per riprendere il sentiero principale, che costeggia un laghetto che si trova proprio sotto la città (quindi era ben approvvigionata d'acqua). In poco meno di 500 metri si arriva all'area attrezzata con panchine e finalmente la prima fonte d'acqua potabile, in corrispondenza con la strada asfaltata che da Tosca di Varsi porta all'ultimo parcheggio prima della cima del Barigazzo. A questo punto si son percorsi già 5 chilometri dall'inizio e si è ridiscesi a 937 metri, un'altezza simile al nostro punto di partenza.
Percorrendo in salita due tornanti della strada asfaltata si trovano i segnavia bianchi e rossi del breve tratto di 809a che avevamo abbandonato a metà. Saliamo in soli 500 metri a un'altezza di 1.029, con uno strappo di un centinaio di metri di salita e arrivando all'incrocio già visto stavolta si utilizza il tratto arancione che passa in mezzo alle creste nella direzione opposta. 700 metri di percorso per portarsi a 1.083 metri di altitudine all'inizio della cosiddetta Cresta Facile, che parte alla nostra destra segnalata con i segnavia bianchi e rossi con un percorso a ritroso di altrettanti 700 metri tutti su uno stretto sentiero in costa, sulla "lama" del monte con strapiombi pietrosi sia alla propria destra che alla propria sinistra, come si può ben immaginare dalla famose fotografie.
La vista frontale della Cresta Difficile
con la Rocca di Varsi sullo sfondo
Per quanto questa sia quella "facile" alcuni passaggi sono davvero impegnativi e occorre fare molta attenzione. Silvia ad esempio ha fatto un capitombolo storico, per fortuna cadendo in avanti e accartocciandosi su se stessa. Abbiamo riso come si ride a scuola quando uno cade con la sedia all'indietro e non si pensa che potrebbe spaccarsi la testa. Non oso immaginare cosa sarebbe successo se fosse scivolata su uno dei due lati. La causa a questo punto erano anche le gambe stanche dopo oltre 6 chilometri impegnativi, che alla fine della cresta sono già 7. Da non fare assolutamente quindi in caso di pioggia anche leggera, perché le pietre sarebbero scivolose e i tratti di terreno argilloso sarebbero ancora più insidiosi.
Quasi alla fine della cresta si sale su una surreale piattaforma in pietra, perfettamente piana e quadrata. Un balcone naturale per osservare la "Cresta Difficile" che si trova di fronte e oltre la quale si vede incorniciata la Rocca di Varsi in una cartolina naturale perfetta.
Si arriva alla fine "a chiappe strette", al primo incrocio in corrispondenza della sella dove si svoltava per scendere verso i ruderi.
A questo punto non resta che ripercorrere tutto il tratto iniziale dell'803 che ci riporterà a Venezia in un paio di chilometri, sempre con i segnavia CAI fino alla fine, dopo aver percorso più di 9 chilometri e aver alternato due parti di salita e due di discesa per un dislivello totale di ben 780 metri in soli 200 metri di elevazione (932 metri il punto più basso e 1.132 esatti il punto più alto).

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